a

La storia del vino in Sicilia

Primato che spetta ai Fenici l'aver introdotto la pregiata bevanda in tutto il Mediterraneo e, naturalmente, anche in Sicilia. Ma il ritrovamento di viti dette "ampelidi" scoperte alle falde dell'Etna e nell'Agrigentino, dimostrano la presenza della vite selvatica, facente parte della rigogliosa flora mediterranea, già nell'Era Terziaria.
Con l'arrivo dei Greci nell'Isola ( VIII sec. a.C.), la cultura enoica di questo grande popolo trovò terreno fertile in Sicilia. In 500 anni di permanenza nell'Isola, trascorsi in armonia con la gente del posto, trasformarono le abitudini dei Siciliani, che divennero veri esperti non solo nella coltivazione della vite, ma anche dell'olivo e del grano.
Sotto i Romani ( III sec. a.C. ), sebbene ristretta a poche zone, la coltura della vite era piuttosto importante: la Malvasia delle Eolie, il Pollio di Siracusa, il Mamertino di Messina venivano esportati ed apprezzati in tutto il mondo latino.
Nei primi secoli dopo l'avvento del Cristianesimo, molte terre della Sicilia passarono nelle mani della Chiesa, che continuò a sostenere la viticoltura. Con le invasioni barbariche ( V sec. d.C. ) si ebbe una battuta d'arresto nella produzione, ma l'arrivo del bizantino Belisario nel 535 d.C. permise ai Siciliani, anche se ancora per poco, di dedicarsi all'agricoltura.
Nell'827 gli invasori musulmani dell'Isola, uniformandosi al Corano, azzerarono la produzione di vino, senza mai però vietarla tanto che si incrementò la produzione di uve da tavola pregiate, come il Moscato d'Alessandria ( Zibibbo ) dell'isola di Pantelleria.
Con i Normanni giunti nell'isola nel 1061, la Sicilia vitivinicola rinacque a nuova vita fino a quando nel 1266 Carlo d'Angiò per le eccessive tassazioni, spinse il popolo a non impiantare più vigne.
Con gli Aragonesi e successivamente con gli Spagnoli, l'agricoltura e la coltura della vite si svilupparono enormemente; ma è dal 1773 che la produzione del vino in Sicilia registra un vero e proprio "boom" grazie alla commercializzazione su scala industriale dei vini di Marsala con l'inglese Woodhouse.
Nel 1880-81 una spaventosa epidemia di Fillossera ridusse la superficie coltivata dell'Isola da 320.000 ettari a circa 175.000 ettari, causando un grave disastro economico. Fu necessario il reimpianto delle viti europee innestate sull'immune ceppo americano provenienti da un vivaio creato a Palermo apposta per fronteggiare l'emergenza.I primi veri frutti si ebbero solo intorno al 1920, con la realizzazione di portainnesti detti "siciliani", ma l'avvento del fascismo in Italia e la lentezza burocratica negli espropri ai proprietari latifondisti, bloccò il tanto aspettato rilancio del settore vitivinicolo. Al termine del 2° conflitto mondiale, e più dettagliatamente nel decennio 1950-60, con il fallimento della riforma agraria molti contadini abbandonarono i campi definitivamente per trasferirsi nelle zone industriali del Nord, ma la nascita delle prime cantine sociali permise a quelli che erano rimasti, di tirarsi fuori da uno stato di povertà oramai atavico.
La creazione del Mercato Unico Comunitario nel 1970, il conseguente flusso di vini dell'Isola verso la Francia, il miglioramento delle tecniche di coltivazione con l'impiego della meccanizzazione ed una intelligente attività di riqualificazione del vino siciliano , da parte dell'Istituto Regionale della vite e del vino, ha stimolato gli entusiasmi: sono apparse nuove realtà produttive, nuove DOC e si è dato l'avvio a quello che in molti già chiamano "miracolo siciliano".

English version


cd-rom, servizi Web, grafica pubblicitaria, ed altro